10 Dicembre 2021

A quali condizioni la differenziata diventa di moda

L’intervento di Donato Berardi, Antonio Pergolizzi e Nicolò Valle su Lavoce.info.

La moda è una delle industrie più inquinanti. L’Italia ha scelto di anticipare di tre anni l’obbligo di raccolta differenziata del tessile, al 1° gennaio 2022. Ma né i gestori della raccolta né le aziende manifatturiere sembrano pronte al cambiamento.

L’impronta ecologica del tessile-abbigliamento

Negli ultimi tempi famosissimi brand della cosiddetta fast-fashion – quali Zara o H&M – hanno promosso campagne di sensibilizzazione destinate al consumatore finale sull’importanza del riciclo o del riuso. Nulla di anomalo, visto che il settore tessile è caratterizzato da una impronta ecologica piuttosto importante.

Secondo i calcoli dell’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), gli acquisti di abbigliamento e prodotti tessili effettuati in Europa nel 2017 hanno generato 654 chilogrammi di CO2 per persona. I dati pubblicati dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo mostrano che questa industria è responsabile del 10 per cento delle emissioni mondiali di gas a effetto serra, più dell’intero trasporto aereo e marittimo messi insieme.

I dati sullo sfruttamento delle risorse idriche sono ancora più eloquenti. Nel 2015 l’industria tessile ha utilizzato 79 miliardi di metri cubi di acqua: se si considera che solo per realizzare una maglietta occorrono in media 2.700 litri di acqua, si tratta all’incirca del fabbisogno idro-potabile di una persona in circa due anni e mezzo. L’Aea stima che la produzione tessile sia responsabile di circa il 20 per cento dell’inquinamento globale dell’acqua potabile a causa dei processi a cui sono sottoposti i prodotti, come la tintura e la finitura. Non solo, sempre secondo Aea, il lavaggio di capi sintetici rilascia ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari ed è responsabile del 35 per cento delle microplastiche primarie rilasciate nell’ambiente, che poi finiscono nella catena alimentare.

Dal 1996 a oggi il prezzo degli indumenti nell’Ue è calato del 30 per cento al netto dell’inflazione. Se da un lato questo ha fatto sì che gli articoli di abbigliamento e calzature siano diventati accessibili a quote più ampie di consumatori, al contempo si è affermato un modello di consumo imperniato sulla moda veloce (appunto fast-fashion) e sui prodotti pensati per durare una sola stagione: le persone hanno evidentemente comprato molti più articoli, circa il 40 per cento in più rispetto a 25 anni fa. Ogni anno, in Europa, vengono acquistati quasi 26 kg di prodotti tessili pro capite e ne vengono smaltiti circa il 42 per cento (11 kg pro capite), prevalentemente inceneriti o portati in discarica.

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