28 Agosto 2023

Politiche ambientali tra redistribuzione e consenso 

Perseguire impegni ambientali stringenti, come fa l’Europa, può creare problemi di consenso. Un aiuto per mitigare le conseguenze su cittadini e imprese più colpiti può arrivare da trasferimenti e incentivi mirati e dai mercati degli obiettivi ambientali.

L’intervento del Direttore del Laboratorio REF Ricerche, Donato Berardi, e di Michele Tettamanzi su Lavoce.info.

L’impegno europeo per l’ambiente

Nelle ultime settimane si è letto del rischio che le politiche ambientali europee possano indebolire le istituzioni comunitarie, ponendo le premesse per il riemergere di posizioni nazionaliste e radicali. L’attuale legislatura europea si è certamente connotata per la forte enfasi sulle politiche di decarbonizzazione, con impegni che alcuni giudicano eccessivi paventando un conto salato destinato a presentarsi, prima o poi, per cittadini e imprese. Uno scenario che mette in discussione l’appoggio dell’opinione pubblica, che pure aveva appunto indicato chiaramente il desiderio di una svolta ambientalista in occasione delle ultime elezioni europee.

È un tema che vale sia per l’Europa sia, e forse ancora di più, per ciascuno dei paesi membri.

Le politiche ambientali hanno un comune denominatore: richiedono un ingente mole di investimenti e soprattutto chiedono a tutti noi di cambiare abitudini. Sia quando cercano di mitigare il cambiamento climatico sia quando intendono favorire l’adattamento, sono rivolte a prevenire o correggere i comportamenti, a cambiare i modelli di produzione e consumo. Un percorso che implica la rinuncia a stili di consumo improntati al paradigma acquisto-consumo-scarto e che chiede di riprogettare i beni all’insegna di una maggiore durabilità, di produrre beni che possano essere riparati e smontati a fine vita, i cui materiali possano essere recuperati e destinati a nuove produzioni. Ma anche molto altro.

Sono scelte che possono risultare in elevati costi economici e di consenso.

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