Rifiuti da attività economiche: guardare l’Europa per capire l’Italia

In Italia si ricicla molto. Ma la produzione di rifiuti delle attività economiche rimane saldamente “ancorata” all’andamento del Pil, a differenza di quanto accade in altri paesi europei. Mancano infatti impianti adeguati alla chiusura del ciclo.
L’intervento di Andrea Ballabio, Donato Berardi e Nicolò Valle su Lavoce.info.
Campioni d’Europa anche nel riciclo dei rifiuti?
Non solo siamo primi, ma anche con distacco. Benché sia più ciclistica che calcistica, la metafora bene illustra le performance dell’Italia in materia di riciclo dei rifiuti speciali e, in senso più ampio, nell’economia circolare. Fra gli stati del Vecchio continente, il nostro paese guida la classifica del riciclo con percentuali che sfiorano l’80 per cento. La Francia, seconda, è distante quasi 25 punti, la Germania, terza, è al 37 per cento.
Una posizione di preminenza che ha diverse spiegazioni. Innanzitutto, la cronica mancanza di materie prime vergini o, se si preferisce, la storia di un paese da sempre abituato a convivere con la scarsità di risorse naturali. E abituato a trasformare gli scarti dei processi di lavorazione in input per altri processi produttivi (materie prime seconde), come alternativa alla più costosa importazione. Una tendenza, consolidatasi nel tempo, che non potrà che rafforzarsi in futuro, specialmente se l’attuale andamento dei prezzi di mercato delle materie prime vergini, e le tensioni geopolitiche che ostacolano il commercio internazionale, dovessero rafforzarsi.
In secondo luogo, un apporto essenziale arriva dalla qualità del tessuto economico-produttivo italiano e degli operatori industriali nelle filiere del riciclo, che hanno consolidato nel tempo la spinta al recupero dei materiali.
È come se l’Italia avesse maturato una sorta di vantaggio comparato rispetto agli altri paesi, dovendo far fronte a un contesto geopolitico particolarmente sfavorevole.