Viaggi di rifiuti: una strategia nazionale per fermarli

Con la pianificazione regionale, alcuni territori sono riusciti a dotarsi dell’impiantistica necessaria alla chiusura del ciclo dei rifiuti urbani indifferenziati. Quelli di altre realtà continuano invece a viaggiare tra regioni e verso l’estero.
Il principio di autosufficienza
Il principio comunitario di autosufficienza nella gestione dei rifiuti urbani non pericolosi, individuato nel territorio di ciascuno stato, è stato recepito nel nostro ordinamento nazionale dall’articolo 182-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Testo unico ambientale – Tua) ed è stato declinato a livello di Ambito territoriale ottimale (Ato). Pertanto, l’Ato è il perimetro territoriale e organizzativo entro cui l’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e la prossimità nello smaltimento e nel recupero dei rifiuti urbani indifferenziati dovrebbero essere sostanziate. In poche parole, l’autosufficienza è locale, e quindi regionale.
Diverso è il caso delle frazioni provenienti dalla raccolta differenziata e destinate al riciclaggio e al recupero, per cui si afferma la libertà di circolazione sul territorio nazionale, seppur privilegiando gli impianti più vicini al luogo di produzione del rifiuto, secondo il principio comunitario di prossimità, al fine di ridurne la movimentazione, che pure genera impatti ambientali dannosi.
Lo strumento di programmazione chiamato a garantire i principi di autosufficienza e prossimità nella gestione dei rifiuti urbani è il Piano regionale di gestione dei rifiuti (Prgr), di cui all’articolo 199 del Tua. Al Prgr spetta il compito, tra gli altri, di operare una ricognizione degli impianti disponibili, misurando i fabbisogni regionali di trattamento dei rifiuti presenti e prospettici, alla luce delle politiche regionali di gestione e degli scenari di produzione dei rifiuti.